(Tratto dal libro “Un indovino mi disse”) 27. Il meditatore della CIA Così c'ero arrivato anch'io. Fermo come un sasso, seduto per terra, a gambe incrociate, con le mani posate una sopra l'altra, all'altezza dell'ombellico, le palme rivolte all'insù, la schiena dritta, le spalle rilassate e gli occhi chiusi, a pensare alla punta del mio naso, a cercare quell'attimo in cui il respiro, fatto lento e leggero, entrando e uscendo, tocca un punto preciso della pelle. Un'ora dopo l'altra. Un giorno dopo l'altro: senza mai dire una parola, mangiando vegetariano – l'ultimo pasto prima di mezzogiorno -, a letto alle nove, senza leggere la pagina di un libro per non distrarsi, cercando di essere sempre cosciente di ogni gesto. Di ogni pensiero, di ogni sensazione. La meditazione: avevo passato mezza vita in Asia e non me n'ero mai occupato. Sentivo di gente che faceva, che andava a questi corsi, ma mi pareva una cosa che n...